Prosegue la pubblicazione del trattato sull’uso del tapis roulant come strumento essenziale nella riabilitazione.
Un breve collegamento alle precedenti “puntate”:
Note sulla locomozione in piano su tapis roulant nel paziente neurologico
Per utilizzare il tapis roulant in sicurezza, i pazienti devono essere in grado di deambulare ad una velocità media di almeno 0,2-0,3 m/s; in alternativa è opportuno dotarsi di imbracature per lo sgravio del peso corporeo che rendano più sicura la marcia e minimizzino i tempi di ripresa dell’allenamento al cammino.
I soggetti con esiti di ictus cerebrale camminano più lentamente rispetto alla L-Terra (sia per quanto riguarda la velocità media che quella di punta), con minori lunghezze del passo e una minore cadenza. Ciononostante la fase di appoggio dell’arto paretico ha maggior durata, determinando uno schema del passo più simmetrico. Anche l’attività muscolare risulta facilitata, con una contrazione più reattiva del vasto laterale ed una riduzione dell’iperattività del muscolo gastrocnemio nell’arto paretico (utilizzando un’imbracatura per lo sgravio del peso corporeo). Alla richiesta di aumento della velocità di marcia, le strategie utilizzate sono differenti: nella L-Terra la tendenza è quella di incrementare la cadenza, mentre nella L-Tapis si dà preferenza all’aumento della lunghezza del passo.
Nella riabilitazione di soggetti affetti da trauma cranico stabilizzato invece la L-Terra pare essere più efficace della L-Tapis nel raggiungere la miglior simmetria del passo.
La locomozione in salita e discesa su tapis roulant
Il tapis roulant offre la possibilità di simulare la locomozione in salita o in discesa (la discesa solo in pochissimi modelli presenti sul mercato), altrimenti difficilmente realizzabile per lunghi tratti.
Le strategie di adattamento posturale normalmente osservabili durante la salita comprendono un progressivo aumento della flessione di anca, ginocchio e caviglia al momento del contatto iniziale del piede, così come un tilt anteriore di pelvi e tronco. Tali cambiamenti sono accompagnati da una progressiva diminuzione della caduta laterale della pelvi verso l’arto oscillante durante la fase di mono-appoggio e da un aumento in lunghezza del passo all’aumentare della pendenza. Questo facilita ad esempio il cammino di pazienti con deficit dei muscoli abduttori d’anca.
Nel cammino in salita, l’attivazione muscolare concentrica di quadricipite e bicipite femorale aumenta con l’inclinazione, mentre non sono state rilevate variazioni significative per quanto riguarda gli ischiocrurali mediali.
Nonostante la velocità spontanea di marcia diminuisca, la fatica muscolare durante la salita porta all’elevazione della frequenza cardiaca (anche gli arti superiori si muovono con angoli articolari più ampi).
La deambulazione con pendenze superiori al 12% è considerata utile nella rieducazione dei pazienti con dolore anteriore di ginocchio o dopo ricostruzione del legamento crociato anteriore, in quanto diminuisce il fastidio sull’articolazione patello-femorale e la tensione sul legamento. I soggetti con lesione spinale incompleta riescono entro certi limiti ad adattarsi alla marcia in salita sul tapis roulant, ma utilizzano strategie differenti per far fronte ai cambiamenti imposti.
Durante il cammino in discesa invece l’anca è meno flessa al momento del contatto col suolo e la flessione del ginocchio aumenta nelle fasi intermedia e finale dell’appoggio (il baricentro “cade” da un’altezza superiore, per cui è richiesta maggior ammortizzazione). Con l’aumentare della pendenza negativa la lunghezza del passo tende ad accorciarsi, mentre si osserva un progressivo tilt posteriore di tronco e pelvi ed un aumento nella caduta laterale del bacino verso l’arto oscillante. Gli aggiustamenti sul piano sagittale consentono molto probabilmente alla muscolatura di generare più potenza in salita e di assorbire più economicamente gli impatti col suolo in discesa.
I picchi della potenza muscolare e dei momenti angolari prodotti durante il cammino in discesa aumentano notevolmente nel ginocchio, sono leggermente superiori nell’anca e si riducono nella caviglia. Ciò spiega la difficoltà incontrata dai pazienti con patologie ortopediche al ginocchio e i dolori muscolari sperimentati dagli alpinisti nel coprire pendenze negative, dove le contrazioni sono prevalentemente eccentriche.
Per quanto riguarda il carico plantare, in salita aumenta nella regione dell’alluce e del primo metatarso e diminuisce alla caviglia, mentre in discesa aumenta alla caviglia e diminuisce sul quarto e quinto metatarso. Le forze di impatto con il terreno durante la corsa aumentano in discesa (a -9% vi è un incremento del 50% circa) e diminuiscono nettamente in salita.
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